IL ROMANZO DEL SIGNOR ARTURO Prefazione al ventiduesimo capitolo
Il viaggio del signor Arturo è giunto al termine. Quando meno se l'aspetta, il misurato eroe che abbiamo visto alle prese con macchine fuori controllo, animali feroci, combinazioni astrali, follia umana (compresa la propria), consuetudini sociali ed eventi bellici, inciampa nella scarpa perduta, quella scarpa sfuggita dal suo piede nel primo capitolo del romanzo. Il ritrovamento della instabile calzatura è del tutto casuale, ma egli se ne bea come se si trattasse di un risultato perseguito e sofferto, e in quella beatitudine si immerge e trasfigura. Confidare nel caso, l'avrete capito, è la sua filosofia, il caso è la fonte delle sue scoperte più importanti. D'altronde non vi è nulla che piaccia di più al signor Arturo che l’inaspettato, quel pezzetto di vita che dà senso a tutta la vita.
Quest'ultimo capitolo è ambientato in un San Silvestro non specificato, un modo di porre termine al libro che mi è parso beneaugurante per tutti gli anni che verranno. Gli astri che vi compaiono sono dedicati a chi ha avuto la pazienza di leggerlo fino in fondo.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. Occorre qui che io ringrazi i miei editori della rete Giorgio Giovannini e Paolo Patuelli, due gentiluomini che in un tempo antico avrei incontrato tra i torchi di una stamperia, ma che la modernità ha costretto a districarsi tra monitor e apparati elettronici, mezzi che hanno portato il mio lavoro alla fruizione dei lettori sul portale www.sburover.it
La libertà di cazzeggio che Paolo e Giorgio mi hanno concesso nelle prefazioni dei ventidue capitoli dell'Arturo è un dono del quale li ringrazio. Rileggendole noto di aver parlato male del primo ministro in più di un'occasione. Beh, avrei voluto farlo ancora di più, ma lo fa lui stesso tanto bene con le sue parole e con le sue azioni da rendere inutile ogni tentativo di superarlo. Vedete dunque che anch'io che lo aborro sono costretto a riconoscergli un primato.
Ultimo giorno dell'anno il signor Arturo passeggiava lungo un viale della città. L'inverno deformato dal global warming, una stagione né calda né fredda, faceva agonizzare le foglie sui rami degli alberi mentre eserciti di spazzini ne attendevano la caduta con le scope in mano. La moglie via con le amiche, i figli perennemente lontani, gli amici a crogiolarsi su spiagge tropicali: il signor Arturo avrebbe festeggiato Capodanno da solo. La solitudine in una occasione così solenne gli dava una sensazione stuzzicante, la stessa che lo prendeva da ragazzo quando i genitori lo lasciavano a casa per andarsene da qualche parte. Appena rientrato collocò lo spumante nel frigo e sedette in poltrona davanti alla tivù.
La mezzanotte stava per giungere e i presentatori televisivi si affannavano a guadagnare il pane tra monumentali banalità. Il signor Arturo che non intendeva seguire quegli spettacoli avvilenti cambiò canale diverse volte fino a scovare un’emittente che trasmetteva un documentario sulle esplorazioni marziane di un piccolo automa. Le riprese della straordinaria macchina mostravano una vasta e brulla pianura del pianeta rosso. Il commento elogiava la tecnica evoluta del robot, un incedere supercontrollato che permetteva al mezzo di evitare gli ostacoli. I sassi che si opponevano al suo avanzare venivano dapprima fotografati, poi aggirati. Ogni tre metri il robottino si fermava per eseguire prelievi ed analisi della zona attraversata. Tra quella rovina di pietre, nel punto in cui una larga piattaforma rocciosa era divisa in due da un crepaccio, la sofisticata telecamera individuò uno spazio irregolare dentro al quale i venti marziani avevano scavato a fondo mettendo in rilievo rocce verdastre. Allungando e accorciando il proprio campo di osservazione, la telecamera proseguì la sua lenta esplorazione senza perdere nemmeno un particolare di quelle sconfinate solitudini.
Il signor Arturo era così preso dal documentario da non accorgersi dello scorrere del tempo. Fu il frastuono dei botti giù in strada a fargli capire che la mezzanotte era giunta, così stappò la bottiglia e si versò da bere. La ripresa televisiva stava passando in rassegna un raggruppamento abbastanza cospicuo di ciottoli verdi quando al centro dell’area si rese visibile un oggetto scuro. Con grande sorpresa il signor Arturo capì di trovarsi di fronte alla sua vecchia scarpa, quella smarrita tanti anni prima precipitando nella tromba delle scale. Fuori dalle finestre intanto la sarabanda di spari non accennava a calmarsi. Il signor Arturo scosse il capo, quella rappresentazione forzata dell'allegria lo aveva sempre sconfortato, tuttavia il suo cuore esultò lo stesso, il ritrovamento della scarpa lo faceva sentire appagato e felice.
In quanti altri luoghi avrebbe potuto trovarsi la vecchia calzatura? Troppi per elencarli tutti. Sotto la neve, per esempio, ma chi la trova una scarpa dopo che è stata sepolta dalla neve? Per non parlare delle discariche. Ci sono quelle legali dove il personale controlla i nastri trasportatori per mezzo di telecamere, ma le abusive? Quante possibilità ci sono di ritrovare qualcosa in una discarica fuorilegge? Poi le scogliere, chilometri e chilometri di scogliere, spesso piene dei rifiuti che gli incivili ci buttano. Più pensava a luoghi strani il signor Arturo, più gliene venivano in mente di nuovi. Isole deserte, città metropolitane, mezzi di trasporto, quinte di teatri e, perché no, archivi di stato. Quando giunse ai fondali marini si fermò, tutto sommato Marte non era il luogo più stravagante per smarrire un oggetto. A quanta gente accade di dimenticare una cosa e di rivederla in sogno o sui cartelloni della pubblicità? E se la scarpa fosse finita in cima a un albero?
Il signor Arturo era consapevole di non essere il primo ad aver smarrito qualcosa su un corpo celeste. Molti secoli addietro il senno di un eroe ferrarese era finito sulla luna, e qualcuno era riuscito anche a recuperarlo. Aprì la finestra e guardò in alto. Lassù nel firmamento la sua scarpa girava intorno al sole comodamente adagiata sulla sabbia rossiccia di Marte. Si trattava di un oggetto umile, ma ciò non sminuiva il legame personale che la sua permanenza tra quei sassi aveva fatto nascere tra il signor Arturo e il quarto pianeta del sistema solare. Un giorno anche i calzini sarebbero potuti giungere fin lassù, poi una cravatta, e infine un abito intero. Chi gli avrebbe impedito a quel punto di recarvisi di persona?
Cominciò a pensare al viaggio e mentre fantasticava si addormentò. Era il sonno leggero di quando si è felici, uno di quei sonni che non si vorrebbe mai che finissero. Dormendo il signor Arturo sognò, e naturalmente sognò di trovarsi su Marte. Passeggiando sul suolo rossiccio non gli fu difficile tornare in possesso della vecchia scarpa. Dopo averla calzata constatò che gli andava ancora a pennello nonostante fosse trascorso tanto tempo dal giorno della sua perdita. Doveva essere stata l’atmosfera fredda e secca del pianeta rosso a conservarla così bene. Purtroppo l’altra era rimasta sulla terra, così il signor Arturo continuò la passeggiata con una scarpa sola.
Il viaggio del signor Arturo è giunto al termine. Quando meno se l'aspetta, il misurato eroe che abbiamo visto alle prese con macchine fuori controllo, animali feroci, combinazioni astrali, follia umana (compresa la propria), consuetudini sociali ed eventi bellici, inciampa nella scarpa perduta, quella scarpa sfuggita dal suo piede nel primo capitolo del romanzo. Il ritrovamento della instabile calzatura è del tutto casuale, ma egli se ne bea come se si trattasse di un risultato perseguito e sofferto, e in quella beatitudine si immerge e trasfigura. Confidare nel caso, l'avrete capito, è la sua filosofia, il caso è la fonte delle sue scoperte più importanti. D'altronde non vi è nulla che piaccia di più al signor Arturo che l’inaspettato, quel pezzetto di vita che dà senso a tutta la vita.
Quest'ultimo capitolo è ambientato in un San Silvestro non specificato, un modo di porre termine al libro che mi è parso beneaugurante per tutti gli anni che verranno. Gli astri che vi compaiono sono dedicati a chi ha avuto la pazienza di leggerlo fino in fondo.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. Occorre qui che io ringrazi i miei editori della rete Giorgio Giovannini e Paolo Patuelli, due gentiluomini che in un tempo antico avrei incontrato tra i torchi di una stamperia, ma che la modernità ha costretto a districarsi tra monitor e apparati elettronici, mezzi che hanno portato il mio lavoro alla fruizione dei lettori sul portale www.sburover.it
La libertà di cazzeggio che Paolo e Giorgio mi hanno concesso nelle prefazioni dei ventidue capitoli dell'Arturo è un dono del quale li ringrazio. Rileggendole noto di aver parlato male del primo ministro in più di un'occasione. Beh, avrei voluto farlo ancora di più, ma lo fa lui stesso tanto bene con le sue parole e con le sue azioni da rendere inutile ogni tentativo di superarlo. Vedete dunque che anch'io che lo aborro sono costretto a riconoscergli un primato.
COME FU CHE IL SIGNOR ARTURO PERSE UNA SCARPA |
Capitolo ventiduesimo
Astri
Ultimo giorno dell'anno il signor Arturo passeggiava lungo un viale della città. L'inverno deformato dal global warming, una stagione né calda né fredda, faceva agonizzare le foglie sui rami degli alberi mentre eserciti di spazzini ne attendevano la caduta con le scope in mano. La moglie via con le amiche, i figli perennemente lontani, gli amici a crogiolarsi su spiagge tropicali: il signor Arturo avrebbe festeggiato Capodanno da solo. La solitudine in una occasione così solenne gli dava una sensazione stuzzicante, la stessa che lo prendeva da ragazzo quando i genitori lo lasciavano a casa per andarsene da qualche parte. Appena rientrato collocò lo spumante nel frigo e sedette in poltrona davanti alla tivù.
La mezzanotte stava per giungere e i presentatori televisivi si affannavano a guadagnare il pane tra monumentali banalità. Il signor Arturo che non intendeva seguire quegli spettacoli avvilenti cambiò canale diverse volte fino a scovare un’emittente che trasmetteva un documentario sulle esplorazioni marziane di un piccolo automa. Le riprese della straordinaria macchina mostravano una vasta e brulla pianura del pianeta rosso. Il commento elogiava la tecnica evoluta del robot, un incedere supercontrollato che permetteva al mezzo di evitare gli ostacoli. I sassi che si opponevano al suo avanzare venivano dapprima fotografati, poi aggirati. Ogni tre metri il robottino si fermava per eseguire prelievi ed analisi della zona attraversata. Tra quella rovina di pietre, nel punto in cui una larga piattaforma rocciosa era divisa in due da un crepaccio, la sofisticata telecamera individuò uno spazio irregolare dentro al quale i venti marziani avevano scavato a fondo mettendo in rilievo rocce verdastre. Allungando e accorciando il proprio campo di osservazione, la telecamera proseguì la sua lenta esplorazione senza perdere nemmeno un particolare di quelle sconfinate solitudini.
Il signor Arturo era così preso dal documentario da non accorgersi dello scorrere del tempo. Fu il frastuono dei botti giù in strada a fargli capire che la mezzanotte era giunta, così stappò la bottiglia e si versò da bere. La ripresa televisiva stava passando in rassegna un raggruppamento abbastanza cospicuo di ciottoli verdi quando al centro dell’area si rese visibile un oggetto scuro. Con grande sorpresa il signor Arturo capì di trovarsi di fronte alla sua vecchia scarpa, quella smarrita tanti anni prima precipitando nella tromba delle scale. Fuori dalle finestre intanto la sarabanda di spari non accennava a calmarsi. Il signor Arturo scosse il capo, quella rappresentazione forzata dell'allegria lo aveva sempre sconfortato, tuttavia il suo cuore esultò lo stesso, il ritrovamento della scarpa lo faceva sentire appagato e felice.
In quanti altri luoghi avrebbe potuto trovarsi la vecchia calzatura? Troppi per elencarli tutti. Sotto la neve, per esempio, ma chi la trova una scarpa dopo che è stata sepolta dalla neve? Per non parlare delle discariche. Ci sono quelle legali dove il personale controlla i nastri trasportatori per mezzo di telecamere, ma le abusive? Quante possibilità ci sono di ritrovare qualcosa in una discarica fuorilegge? Poi le scogliere, chilometri e chilometri di scogliere, spesso piene dei rifiuti che gli incivili ci buttano. Più pensava a luoghi strani il signor Arturo, più gliene venivano in mente di nuovi. Isole deserte, città metropolitane, mezzi di trasporto, quinte di teatri e, perché no, archivi di stato. Quando giunse ai fondali marini si fermò, tutto sommato Marte non era il luogo più stravagante per smarrire un oggetto. A quanta gente accade di dimenticare una cosa e di rivederla in sogno o sui cartelloni della pubblicità? E se la scarpa fosse finita in cima a un albero?
Il signor Arturo era consapevole di non essere il primo ad aver smarrito qualcosa su un corpo celeste. Molti secoli addietro il senno di un eroe ferrarese era finito sulla luna, e qualcuno era riuscito anche a recuperarlo. Aprì la finestra e guardò in alto. Lassù nel firmamento la sua scarpa girava intorno al sole comodamente adagiata sulla sabbia rossiccia di Marte. Si trattava di un oggetto umile, ma ciò non sminuiva il legame personale che la sua permanenza tra quei sassi aveva fatto nascere tra il signor Arturo e il quarto pianeta del sistema solare. Un giorno anche i calzini sarebbero potuti giungere fin lassù, poi una cravatta, e infine un abito intero. Chi gli avrebbe impedito a quel punto di recarvisi di persona?
Cominciò a pensare al viaggio e mentre fantasticava si addormentò. Era il sonno leggero di quando si è felici, uno di quei sonni che non si vorrebbe mai che finissero. Dormendo il signor Arturo sognò, e naturalmente sognò di trovarsi su Marte. Passeggiando sul suolo rossiccio non gli fu difficile tornare in possesso della vecchia scarpa. Dopo averla calzata constatò che gli andava ancora a pennello nonostante fosse trascorso tanto tempo dal giorno della sua perdita. Doveva essere stata l’atmosfera fredda e secca del pianeta rosso a conservarla così bene. Purtroppo l’altra era rimasta sulla terra, così il signor Arturo continuò la passeggiata con una scarpa sola.
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