IL ROMANZO DEL SIGNOR ARTURO Prefazione al decimo capitolo
Nel capitolo numero dieci delle sue storie il signor Arturo esce dalle pagine del libro per fare un giretto. Come tutti gli individui sconclusionati finisce per trovarsi dove non dovrebbe, cioè accanto al suo autore. A questo proposito vorrei chiarire una cosa. Non è affatto vero che fui io a fermarlo mentre percorreva una delle strade della nostra regione, il signor Arturo capì male un mio banalissimo gesto di saluto e si infilò nella casa dove ero ospite solo perchè è uno sfacciato, nè io nè la proprietaria dell'immobile eravamo intenzionati a riceverlo. Inoltre, come i lettori avranno modo di scoprire, quello screanzato mi rivolse domande del tutto inopportune.
A questo proposito intendo dare un consiglio ai giovani scrittori: se vi doveste imbattere in uno dei vostri personaggi, non dategli corda, non cedete alle sue richieste e toglietevelo dai piedi. I personaggi dei libri quando escono dal loro mondo di carta combinano solo pasticci. Il signor Arturo in quella occasione rischiò guai seri perchè il tipo della spyder scura con la quale stava per scontrarsi era Carlo Lucarelli in persona, un uomo immerso fino al collo nel mondo del crimine. Il cielo sa cosa sarebbe potuto accadere se quel goffo impiegato di banca gli avesse danneggiato la vettura alla quale il celebre giallista teneva moltissimo. Il mio personaggio sarebbe scomparso in chissà quale misteriosa trama gialla e io mi sarei trovato senza protagonista.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. A proposito di trame criminali, credo che solo un esperto come Carlo Lucarelli potrebbe dirci se il killeraggio giornalistico che ha professionalmente distrutto il direttore di “Avvenire” può essere preso come esempio di crimine mafioso dal momento che vi compaiono figure come il mandante (capo potentissimo che dispone di un alibi perfetto), il sicario (specialista in esecuzioni di quel tipo e stipendiato dalla famiglia del capo) e l'uomo che ha parlato troppo (colpevole di aver recato offesa al capo).
Era una di quelle giornate in cui il signor Arturo non aveva proprio niente da fare, e per giunta il cielo era grigio, così con una scusa qualsiasi uscì dall’ufficio e si diresse verso la campagna. Fu oltre il ponte dell’autostrada, nel punto in cui si cominciano a intravvedere le colline, che il signor Arturo scorse la casa. Si trattava di un palazzo fortificato sovrastato da una colombaia, una villa di imponente aspetto circondata da grandi alberi. Un uomo che sembrava passeggiare sul tetto si mise a gesticolare nella sua direzione. Il tipo stava affacciato a un balcone ad asola, uno di quegli espedienti con cui architetti senza scrupoli squarciano la parte alta di antiche dimore per soddisfare clienti danarosi. Il signor Arturo incuriosito si avvicinò cercando di capire cosa volesse.
- La porta è aperta - lo sentì gridare - salga le scale fino all’ultimo piano.
Quando il signor Arturo fece il suo ingresso nell’elegante salone le ombre calavano dalle colline sulla pianura e il giorno si avviava al crepuscolo. L’ospite gli venne incontro, in lui il signor Arturo riconobbe immediatamente il proprio autore, ma preso alla sprovvista non seppe cosa dire. Salutò invece Erminia Pasqui Della Torre, ricca proprietaria di terre nonché cliente della Banca delle Arti e dei Mestieri, che se ne stava seduta ai piedi di un grande camino di pietra.
- Ragionier Diaz, che combinazione, disse la donna, avevo giusto bisogno di lei.
A quelle parole il signor Arturo si rammaricò di aver accettato l’invito a salire - Ecco una seccatrice - pensò, ma l’uomo che lo aveva chiamato intervenne.
- Erminia non adesso, ti prego. Piuttosto che ne diresti di far assaggiare al ragioniere il vino di quest’anno?
Il signor Arturo tirò un sospiro di sollievo mentre la donna usciva.
- Che sorpresa, Arturo! - esclamò l’altro quando furono soli.
- Mi scusi, rispose il signor Arturo, vuole farmi credere che l’autore delle mie storie, l’uomo che mi ha messo al mondo, se così posso esprimermi, non sapeva niente di questa visita?-
- E’ incredibile anche per me, ma non pensavo proprio di incontrarla, almeno non oggi e non in questo posto.
- Non vorrei sembrare scortese, ma non è sempre lei a decidere le mie azioni?
- A volte non ne sono così sicuro.
- Questa è bella!
- Non faccia l’ingenuo, Arturo. Non mi costringa a parlare di Freud.
- Cos’è, non ama la psicanalisi?
- Non è questo, è che i personaggi non sono persone e la psicanalisi applicata alla letteratura mi è sempre parsa una stronzata.
- Mi scusi. So che l’argomento non la diverte. Ho notato come si è irritato leggendo quegli scritti sulla cultura del romanzo.
- Non me ne parli, tra quelle pagine mi sembrava di essere tornato ai tempi dell’università, quando con la psicanalisi si spiegava anche il funzionamento del motore a scoppio.
- Era solo entusiasmo giovanile, quando si è giovani si crede che siano le idee a muovere il mondo.
- E’ vero, allora nessuno di noi pensava al denaro.
- Lei però si è ravveduto presto.
- Non sia irriverente, Arturo!
- Cerco solo di essere spiritoso. A questo proposito avrei qualche rimostranza da farle. Perché mi descrive sempre così rigido?
- Ha ragione, ha perfettamente ragione. Quello è un particolare che mi propongo continuamente di correggere. Le prometto che cercherò di aumentare il suo senso dell’humour.
- Un’altra cosa che vorrei sapere è perché mi tiene così a stecco di storie vivaci. Che aspetta a farmi vivere un po’ più audacemente?
- Ci penso in continuazione, Arturo. Quello che mi frena è la paura di omologarla, di darle sempre la stessa sceneggiatura, di farla diventare un personaggio a fumetti insomma.
- Ih, quante fisime! Che male ci sarebbe?
- Non è quello che ho in mente per lei. Se le storie non sono veramente originali non si aspetti di viverle. Io le scrivo per mio piacere, non perché qualcuno le legga.
- Mi devo bere anche questa?
- Ora sta diventando antipatico, Arturo.
- Non si arrabbi, sono solo un personaggio.
- Cosa vorrebbe fare. Scopare attricette? Andare in guerra come inviato speciale?
- Perché, lei non lo farebbe?
- Non sia ridicolo! Le sembrano cose originali? Al giorno d’oggi anche il più brocco dei terzini esce con una velina e per assistere a uno scontro armato i gazzettieri fanno domanda un anno prima che inizi la guerra!
- Mi dia almeno qualche nota di colore, un tic, un hobby! Perché non mi fa fumare la pipa?
- Non voglio darle degli hobby, voglio che faccia delle scoperte.
- Tutte bislacche?
- Un po’ disordinate, lo ammetto.
- Un’ultima domanda, cosa c’entra questo posto con me?
- E’ saltato fuori per caso, niente di speciale, qualche ricordo, forse un film visto, non credo di averci pensato tanto. Lei non sa quanto ami le situazioni impreviste.
- Una volta o l’altra mi farà rompere il naso.
- Non è come crede, non c’è pericolo. E poi non è nemmeno la straordinarietà ad attrarmi, è l’improbabilità.
Il signor Arturo lo guardò scuotendo il capo.
- Sento che la signora sta tornando, le raccomando i tempi, usi il passato remoto, mi fa sentire più agile.
Mentre parlavano entrò Erminia.
- Questo antico palazzo è tornato a risplendere, disse il signor Arturo. Davvero una bella ristrutturazione, complimenti.
- Mi sa che per finire i lavori dovrò chiedere un finanziamento alla sua banca, ragionier Diaz, sono rimasta in bolletta. Visto che lei e il dottore si conoscono, domanderò a lui la firma di garanzia.
- Non scherzi, rispose il signor Arturo, Erminia Pasqui Della Torre non ha bisogno della garanzia di nessuno per ottenere soldi dalla nostra banca. Poi credo che il dottore sia più in bolletta di lei.
Il vino non era male, il signor Arturo ne bevve un bicchiere di troppo. Sulla via del ritorno si sentiva così brillo che a un incrocio tagliò la strada a una potente vettura sportiva. La brusca frenata della spyder scura alzò una nuvola di polvere gialla mentre il pilota gli faceva un gestaccio.
Nel capitolo numero dieci delle sue storie il signor Arturo esce dalle pagine del libro per fare un giretto. Come tutti gli individui sconclusionati finisce per trovarsi dove non dovrebbe, cioè accanto al suo autore. A questo proposito vorrei chiarire una cosa. Non è affatto vero che fui io a fermarlo mentre percorreva una delle strade della nostra regione, il signor Arturo capì male un mio banalissimo gesto di saluto e si infilò nella casa dove ero ospite solo perchè è uno sfacciato, nè io nè la proprietaria dell'immobile eravamo intenzionati a riceverlo. Inoltre, come i lettori avranno modo di scoprire, quello screanzato mi rivolse domande del tutto inopportune.
A questo proposito intendo dare un consiglio ai giovani scrittori: se vi doveste imbattere in uno dei vostri personaggi, non dategli corda, non cedete alle sue richieste e toglietevelo dai piedi. I personaggi dei libri quando escono dal loro mondo di carta combinano solo pasticci. Il signor Arturo in quella occasione rischiò guai seri perchè il tipo della spyder scura con la quale stava per scontrarsi era Carlo Lucarelli in persona, un uomo immerso fino al collo nel mondo del crimine. Il cielo sa cosa sarebbe potuto accadere se quel goffo impiegato di banca gli avesse danneggiato la vettura alla quale il celebre giallista teneva moltissimo. Il mio personaggio sarebbe scomparso in chissà quale misteriosa trama gialla e io mi sarei trovato senza protagonista.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. A proposito di trame criminali, credo che solo un esperto come Carlo Lucarelli potrebbe dirci se il killeraggio giornalistico che ha professionalmente distrutto il direttore di “Avvenire” può essere preso come esempio di crimine mafioso dal momento che vi compaiono figure come il mandante (capo potentissimo che dispone di un alibi perfetto), il sicario (specialista in esecuzioni di quel tipo e stipendiato dalla famiglia del capo) e l'uomo che ha parlato troppo (colpevole di aver recato offesa al capo).
COME FU CHE IL SIGNOR ARTURO PERSE UNA SCARPA |
Capitolo decimo
Incontri
Era una di quelle giornate in cui il signor Arturo non aveva proprio niente da fare, e per giunta il cielo era grigio, così con una scusa qualsiasi uscì dall’ufficio e si diresse verso la campagna. Fu oltre il ponte dell’autostrada, nel punto in cui si cominciano a intravvedere le colline, che il signor Arturo scorse la casa. Si trattava di un palazzo fortificato sovrastato da una colombaia, una villa di imponente aspetto circondata da grandi alberi. Un uomo che sembrava passeggiare sul tetto si mise a gesticolare nella sua direzione. Il tipo stava affacciato a un balcone ad asola, uno di quegli espedienti con cui architetti senza scrupoli squarciano la parte alta di antiche dimore per soddisfare clienti danarosi. Il signor Arturo incuriosito si avvicinò cercando di capire cosa volesse.
- La porta è aperta - lo sentì gridare - salga le scale fino all’ultimo piano.
Quando il signor Arturo fece il suo ingresso nell’elegante salone le ombre calavano dalle colline sulla pianura e il giorno si avviava al crepuscolo. L’ospite gli venne incontro, in lui il signor Arturo riconobbe immediatamente il proprio autore, ma preso alla sprovvista non seppe cosa dire. Salutò invece Erminia Pasqui Della Torre, ricca proprietaria di terre nonché cliente della Banca delle Arti e dei Mestieri, che se ne stava seduta ai piedi di un grande camino di pietra.
- Ragionier Diaz, che combinazione, disse la donna, avevo giusto bisogno di lei.
A quelle parole il signor Arturo si rammaricò di aver accettato l’invito a salire - Ecco una seccatrice - pensò, ma l’uomo che lo aveva chiamato intervenne.
- Erminia non adesso, ti prego. Piuttosto che ne diresti di far assaggiare al ragioniere il vino di quest’anno?
Il signor Arturo tirò un sospiro di sollievo mentre la donna usciva.
- Che sorpresa, Arturo! - esclamò l’altro quando furono soli.
- Mi scusi, rispose il signor Arturo, vuole farmi credere che l’autore delle mie storie, l’uomo che mi ha messo al mondo, se così posso esprimermi, non sapeva niente di questa visita?-
- E’ incredibile anche per me, ma non pensavo proprio di incontrarla, almeno non oggi e non in questo posto.
- Non vorrei sembrare scortese, ma non è sempre lei a decidere le mie azioni?
- A volte non ne sono così sicuro.
- Questa è bella!
- Non faccia l’ingenuo, Arturo. Non mi costringa a parlare di Freud.
- Cos’è, non ama la psicanalisi?
- Non è questo, è che i personaggi non sono persone e la psicanalisi applicata alla letteratura mi è sempre parsa una stronzata.
- Mi scusi. So che l’argomento non la diverte. Ho notato come si è irritato leggendo quegli scritti sulla cultura del romanzo.
- Non me ne parli, tra quelle pagine mi sembrava di essere tornato ai tempi dell’università, quando con la psicanalisi si spiegava anche il funzionamento del motore a scoppio.
- Era solo entusiasmo giovanile, quando si è giovani si crede che siano le idee a muovere il mondo.
- E’ vero, allora nessuno di noi pensava al denaro.
- Lei però si è ravveduto presto.
- Non sia irriverente, Arturo!
- Cerco solo di essere spiritoso. A questo proposito avrei qualche rimostranza da farle. Perché mi descrive sempre così rigido?
- Ha ragione, ha perfettamente ragione. Quello è un particolare che mi propongo continuamente di correggere. Le prometto che cercherò di aumentare il suo senso dell’humour.
- Un’altra cosa che vorrei sapere è perché mi tiene così a stecco di storie vivaci. Che aspetta a farmi vivere un po’ più audacemente?
- Ci penso in continuazione, Arturo. Quello che mi frena è la paura di omologarla, di darle sempre la stessa sceneggiatura, di farla diventare un personaggio a fumetti insomma.
- Ih, quante fisime! Che male ci sarebbe?
- Non è quello che ho in mente per lei. Se le storie non sono veramente originali non si aspetti di viverle. Io le scrivo per mio piacere, non perché qualcuno le legga.
- Mi devo bere anche questa?
- Ora sta diventando antipatico, Arturo.
- Non si arrabbi, sono solo un personaggio.
- Cosa vorrebbe fare. Scopare attricette? Andare in guerra come inviato speciale?
- Perché, lei non lo farebbe?
- Non sia ridicolo! Le sembrano cose originali? Al giorno d’oggi anche il più brocco dei terzini esce con una velina e per assistere a uno scontro armato i gazzettieri fanno domanda un anno prima che inizi la guerra!
- Mi dia almeno qualche nota di colore, un tic, un hobby! Perché non mi fa fumare la pipa?
- Non voglio darle degli hobby, voglio che faccia delle scoperte.
- Tutte bislacche?
- Un po’ disordinate, lo ammetto.
- Un’ultima domanda, cosa c’entra questo posto con me?
- E’ saltato fuori per caso, niente di speciale, qualche ricordo, forse un film visto, non credo di averci pensato tanto. Lei non sa quanto ami le situazioni impreviste.
- Una volta o l’altra mi farà rompere il naso.
- Non è come crede, non c’è pericolo. E poi non è nemmeno la straordinarietà ad attrarmi, è l’improbabilità.
Il signor Arturo lo guardò scuotendo il capo.
- Sento che la signora sta tornando, le raccomando i tempi, usi il passato remoto, mi fa sentire più agile.
Mentre parlavano entrò Erminia.
- Questo antico palazzo è tornato a risplendere, disse il signor Arturo. Davvero una bella ristrutturazione, complimenti.
- Mi sa che per finire i lavori dovrò chiedere un finanziamento alla sua banca, ragionier Diaz, sono rimasta in bolletta. Visto che lei e il dottore si conoscono, domanderò a lui la firma di garanzia.
- Non scherzi, rispose il signor Arturo, Erminia Pasqui Della Torre non ha bisogno della garanzia di nessuno per ottenere soldi dalla nostra banca. Poi credo che il dottore sia più in bolletta di lei.
Il vino non era male, il signor Arturo ne bevve un bicchiere di troppo. Sulla via del ritorno si sentiva così brillo che a un incrocio tagliò la strada a una potente vettura sportiva. La brusca frenata della spyder scura alzò una nuvola di polvere gialla mentre il pilota gli faceva un gestaccio.
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