Ragazzi ci siamo, tenetevi forte, arrivano gli argomenti scientifici. Qualcuno ha pensato che su questo portale cazzeggiassimo solo di politica a buon mercato tralasciando la scienza, vero? Beh, chi l'ha creduto si sbagliava, ora si mandi un invito ufficiale a Margherita Hack, che parleremo di massimi sistemi. Nessuno più della professoressa è in grado di apprezzare la dinamica dell'avventura numero sei, nella quale il signor Arturo si trova alle prese con un problema di astrofisica. Parlo di astrofisica perché in questa vicenda compaiono fenomeni che riguardano la terra nel senso più Newtoniano del termine, cioè le disavventure di una mela appesa a un instabile picciòlo.
Il pianeta gira su se stesso e intorno al sole, e tutti quanti insieme, sole e pianeti, si muovono dentro la galassia che si dirige a sua volta verso chissà quale punto dell’universo. Se nel frattempo avete perso le chiavi di casa non è semplice stabilire dove e quando le abbiate perdute. La realtà è così, fratelli, imprevedibile come la traiettoria di una piuma che cade dal sesto piano.
Forse è per questo motivo che il nostro intelligente governo ha istituito le ronde civiche, per controllare ogni giorno che in quella gran confusione i cittadini recepiscano le sue direttive.
Un bel po’ d’anni fa quel tipo di ragionamenti portò dei volonterosi a vestirsi di nero e ad armarsi di manganello, mentre i volontari di adesso porteranno una tutina gialla e non è chiaro che strumenti useranno per convincere il prossimo della bontà dei loro propositi. A vederli per strada in pagliaccetto giallo verrà da pensare che siano dei fessi agli ordini di un cretino, invece sono militi civici agli ordini del ministro degli interni, persona molto intelligente, tant’è vero che sa anche suonare la fisarmonica. Purtroppo non ha studiato la storia, altrimenti saprebbe che quel vecchio esperimento di comunicare a manganellate i propri intendimenti politici finì molto male. Il capoccia di allora, che volle raddrizzare i cervelli più recalcitranti a fucilate, finì addirittura a testa in giù.
Nel caso del signor Arturo invece prevale il buon senso e nessuno si fa male, come avviene spesso tra personaggi partoriti dall'immaginazione.
Buona lettura. Giovanni Zanzani.
P.S. I miei editori chiudono per ferie per tutto il mese di agosto. Non ho alcun dubbio che quei crapuloni intendano recarsi a fornicare nelle loro ville al mare, secondo uno stile che ha reso celebre in tutto il mondo il nostro primo ministro. Qui nella solitudine bollente della redazione resteremo io, gli scarafaggi e le tarme, ultimi ad aver conservato un po' di equilibrio, lo stesso equilibrio che fa da titolo all'avventura numero sei del signor Arturo. Poiché quei tangheri degli editori si sono scordati di darmi le chiavi per uscire, resterò chiuso qui dentro fino alla fine di agosto. Così i nostri lettori sono sicuri che anche l'avventura numero sette verrà pubblicata regolarmente.
COME FU CHE IL SIGNOR ARTURO PERSE UNA SCARPA |
Capitolo sesto
Equilibrio
Che non sarebbe stata una giornata come le altre, il signor Arturo l’aveva capito alzandosi da letto. La luce innanzitutto, che tagliava la stanza in modo diverso dal solito: quella mattina sembrava che il sole fosse sorto dalla parte sbagliata, a nord della città, oltre la cortina di pioppi che cingono la vasta area dei mercati generali. Un’altra cosa strana era la superficie del pavimento: appena posati i piedi per terra il signor Arturo l’aveva sentita inclinata, un’inclinazione leggera, ma tale da spingerlo, mentre si recava in bagno, ad appoggiarsi con le mani alla parete del corridoio. Una persona normale avrebbe tratto la conclusione di non stare molto bene, avrebbe preso un’aspirina e chiamato il dottore, ma questo non era lo stile del signor Arturo. Bevuto il caffè e indossato l’impermeabile egli uscì ad affrontare l’insolita situazione, deciso a scoprire il senso di quelle stranezze.
A dire la verità, erano diversi giorni che il signor Arturo avvertiva qualcosa di cambiato. Gli occhiali, per dirne una, gli si appannavano di continuo e il bello era che lui non si decideva a pulirli. La maionese aveva sempre qualche difetto, gli autobus viaggiavano regolarmente in anticipo, infine tutti gli albini della città si davano appuntamento sulle strade che lui percorreva. Sulle prime pensò di essere vittima di un calo di tono dovuto ai rigori della stagione, era un novembre piuttosto freddo, ma ben presto il signor Arturo si dovette persuadere che il cambiamento non riguardava l’osservatore bensì l’oggetto osservato: era chiaro che il mondo aveva cominciato a prendere una brutta piega.
Guidando con calma raggiunse la periferia orientale della città, una zona piena di fabbriche abbandonate. Raggiunto il vecchio gasometro, lasciò la vettura in un piazzale asfaltato e si diresse a piedi verso un boschetto di acacie che costeggiava il fiume. Si inoltrò nella boscaglia per un bel pezzo mentre intorno a lui si allargava un panorama fatto di cartone, plastica scolorita, metalli corrosi. Una fitta fungaia di preservativi tappezzava il suolo. Quando fu certo di essere avanzato abbastanza si fermò: si trovava in una radura ricoperta di ciottoli in mezzo ai quali spuntavano radi ciuffi d’erba. Doveva trattarsi di una lottizzazione finita male, su un vecchio cartello una fila di scritte sbiadite specificava titoli e nomi dei responsabili dell’impresa, un affare sbagliato di molti anni prima. Parco del Sorriso, diceva il cartello, una indicazione quanto mai in contrasto con ciò che si poteva osservare. Dopo aver percorso un altro chilometro, il signor Arturo cominciò a intravedere un’ombra nascosta nella foschia. Subito pensò a una ciminiera, l’oggetto ne aveva vagamente l’aspetto, ma una volta più vicino dovette convenire che si trattava d’altro. Il suolo cominciò a discendere, il signor Arturo camminava e guardava. Sotto i suoi piedi il terreno si affondava in una specie di grande ombelico, dal quale un gigantesco cilindro, la cosa che egli aveva scambiato per una ciminiera, saliva verso il cielo. La nebbia intanto si era infittita a tal punto che la sommità dello strano oggetto vi si perdeva dentro. Il capocontabile Arturo Diaz sentì un brivido, osservò meglio la costruzione - ma era una costruzione? - e vide che era tutta storta. In quel mentre si sentì lo sferragliare di una bicicletta. Pedalando nella pietraia, si avvicinò un contadino.
- Scusi, sa dirmi di cosa si tratta? - chiese il signor Arturo. L’uomo scese di sella e si avvicinò guardando ora il suo interlocutore ora il gigantesco fittone che si perdeva nella bruma.
- Maledetti marocchini, disse. Un’altra delle loro! Si sono portati via il palo un’altra volta!
- Quale palo?
- Il sostegno, rispose l’uomo. Quello, lei lo vede, è il picciòlo a cui sta appeso il mondo. Da qualche anno l’ufficio forestale della provincia fa applicare un tutore sul lato est, per impedire che si curvi troppo, dato che pende da quella parte. Quando era vivo il mio babbo il picciòlo pendeva dall’altra parte, ma allora c’era il re. Erano quelli del re a pagare mio padre perché controllasse il tutore. In quel tempo però nessuno le toccava, le cose del governo. Beh, non ci crederà, quest’anno è il terzo palo di sostegno che rubano, e sono sempre loro, i marocchini!
- Lei li ha visti, questi marocchini? - domandò il signor Arturo.
- Cosa fa, non mi crede? Certo che sono loro, sono sempre loro. Vanno, vengono, dormono, mangiano e fanno anche la cacca per terra, caro signore. Il tutore è un palo di castagno bello grosso e loro ci accendono il falò per cucinare. Prenderlo non li ho visti, ma stamattina c’era un gran fuoco davanti alla loro roulotte. Due più due fa quattro, caro lei, ecco dove è finito il palo di castagno!
Il signor Arturo lo guardò scuotendo il capo.
- Non sarebbe meglio metterne un altro, invece di perdere tempo con le recriminazioni?
- Eccoli i signori della città, si fa presto a dire metterne un altro. Me lo paga lei, quello nuovo? La provincia ne fornisce uno all’anno!
Il signor Arturo cominciò a sentire crescere dentro di sé una grande irritazione, vedeva i suoi quadri tutti inclinati, le tazze da tè ammonticchiate contro la vetrinetta del salotto, l’acqua dei lavandini in procinto di tracimare, e di fronte a quel disastro il sempliciotto perdeva tempo a discutere di pali di castagno. Tutti così i contadini, pensò, basta che si lamentino e che chiedano soldi al governo!
- Ci sono delle belle acacie qua intorno, perché non lo fa con un tronco di acacia, il tutore nuovo. Se vuole le do una mano.
Lavorarono tutto il giorno. Il signor Arturo si strappò i pantaloni e si sporcò la giacca, ma verso sera il nuovo tutore venne messo a dimora, strettamente unito al picciòlo del mondo con robuste legature di vimini.
- Fortuna che stanotte c’è la luna nuova, disse il contadino. Con la luna nuova il picciòlo torna dritto molto più velocemente, lo diceva anche il mio babbo.
Leopoldo, così si chiamava, sputò per terra e sorrise, si vedeva che era soddisfatto. Parlò degli asparagi che aveva piantato, una coltivazione di tre ettari che gli rendeva dei bei soldini. Il signor Arturo tornò a casa a notte inoltrata. Le camere erano silenziose e la pendola, tornata in posizione verticale, suonò l’una mentre lui chiudeva la porta.
Postfazione al sesto capitolo.
Informata che il nostro portale la chiamava in causa, Margherita Hack è stata così gentile da risponderci e da autorizzarci a fare il suo nome. Ecco la risposta lapidaria che la grande astronoma ci ha inviato il 28 giugno dopo aver letto il capitolo sesto delle storie di Arturo:
E' divertente, mi citi pure. Farei parte volentieri delle antironde rosse!
Cordiali saluti.
Margherita Hack
La redazione di Sburover ringrazia Margherita Hack per il messaggio. La grande astronoma ama abbastanza la libertà per comunicare la sua ferma opposizione all'iniziativa di governo che ha istituito le famigerate ronde e per autorizzarci a rendere pubblica la sua opinione.
Augurandoci insieme a lei che quella legge venga al più presto cancellata, rendiamo omaggio alla testimone più degna degli insegnamenti di Galileo Galilei. Quello di Margherita Hack è il cielo che noi di Sburover amiamo e che ci piace avere sopra la testa.
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