Ratti
Nonostante la scienza ci abbia insegnato a nutrire rispetto e attenzione verso ogni forma vivente, chi sta in campagna sa di dover tenere nei confronti di questa specie un atteggiamento guardingo, il ratto è molto intelligente e compete col contadino sul piano alimentare
I ratti, qui in campagna, siamo abituati a considerarli animali nocivi, bestie che attentano all'integrità dei nostri granai e che si impadroniscono delle nostre derrate con astuzia e voracità. Bocconi avvelenati e tagliole non hanno mai fatto alzare bandiera bianca a quei razziatori dei magazzini. Mettete loro a disposizione qualcosa di buono e li vedrete giungere a frotte.
Così come la speranza di bottino li fa avvicinare al consorzio umano, il verificarsi di turbolenze nell'area prescelta per il saccheggio li porta ad allontanarsene. È nota la loro tempestività nell'abbandonare la nave che li ospita quando nella stiva si apre una falla. Un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti nella capitale del nostro paese dove i ratti che affollavano la nave governativa, la abbandonano uno dopo l'altro ora che affonda. Analizzeremo i casi più vistosi ricordando che, nonostante si tratti di animali spinti da bisogni alimentari, essi sono pur sempre soggetti evoluti nei quali è inevitabile osservare una grande varietà comportamentale. Scopriremo così che il loro carattere li apparenta ad altre creature.
Ratto Bondi
Individui che sentono prima degli altri fluire l'acqua dalle falle ce n'è sempre stati. Mi piace parafrasare questo tipo di udito a quello del ratto Bondi, anche se, guardandolo, topo Sandro fa pensare più a un coniglio che a un topo di fogna. Udito fine ce l'hanno eccome i conigli, avete visto come fuggono veloci nella brughiera se i vostri passi si avvicinano alle tane? Quei fruscii giù nella stiva della grande nave dei guduriosi a fratel Sandro topo-coniglio non sono sfuggiti, arriva l'acqua, si è detto, meglio filarsela. Si sbagliava, non era ancora una falla, era un acquazzone che demoliva Pompei, maledetto cumulo di ruderi assegnatogli all'apice della sua carriera di roditore dei beni culturali. Ormai che aveva speso parole per andarsene tanto valeva continuare, deve aver pensato il rognoso, tanto più che il suo istinto animale, più di topo che di coniglio, gli ha fatto capire che mancava poco al vero acquazzone, quello che avrebbe fatto sparire le goloserie dalla dispensa. Del coniglio gli appartiene la vigliaccheria: non avendo il coraggio di andarsene a viso scoperto, si è inventato la scusa di doversi dedicare alla vita interiore. Un vero ratto filosofo.
Ratto Panizzo
Anche l'onorevole ratto Paniz voglio inserire in questo trattatello sull'antropomorfismo delle pantegane, per dichiarare che c'è stato un errore nel giudicarlo.
- Lurido topo di sentina, gli hanno scritto e gridato. Il più schifoso magiatore a sbafo è sempre il primo a scappare.
Ebbene anch'io all'inizio c'ero cascato, la faccia del nocivo bellunese mi portava alla memoria il volto del topo anziano delle favole, quello esperto di guai che si salva saltando per primo. No, amici, quel muso dai mustacchi regolati al millimetro non era una faccia da ratto, era la faccetta crudele e ladra della faina. Osservate bene Paniz e mi darete ragione. Preso il pollastro, la faina lo sgozza e gli beve il sangue, poi velocemente si eclissa. Ecco cosa ha confuso gli osservatori, quel fuggire furbo e svelto di Paniz non era un gesto da ratto che abbandona la nave, bensì la fuga del piccolo carnivoro che è sazio e non vuol correre rischi inutili.
Ratta Carluccia
L'ultimo esemplare di roditore in fuga sul quale vorrei attirare la vostra attenzione è una femmina, un caso che fotografa fedelmente lo stile della specie. Il comportamento di ratta Carluccia è stato paradigmatico, l'onorevole roditrice si è lanciata con decisione dalla nave della magnuca, ma non in una direzione a casaccio. Carluccia (a chi più che alle femmine la natura ha dato il compito di salvare la stirpe?) non ha messo a repentaglio la propria vita cedendo al panico. La sapiente topastra ha mirato bene prima di lanciarsi ed ora se la gode in una nuova e capiente stiva pregustando le sbafate di formaggio con le quali preserverà sé e la sua discendenza.
Un tempo, quando la nostra campagna era una terra rude e selvaggia, vigeva un costume crudele per combattere i ratti. Dopo averne catturato uno vivo, gli si riempiva l'ano di pepe in grani, poi se ne cuciva l'orefizio con del fil di ferro. Dopo essere stato liberato, l'animale rientrava nelle tane dove, pazzo di dolore, distruggeva i nidi uccidendo tutti i simili che incontrava.
Ora quei sistemi terribili non vengono più praticati, ma credo che nessuno dei ratti che ho citato possa evitare, grattandosi il culo, di provare un brivido.
Giovanni Zanzani
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