IL REGOLATORE DELL'OROLOGIO
di
GIOVANNI ZANZANI
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Il sergente Alfredo Drum era un uomo torvo. Impossibile vederlo sorridere, lo si poteva però sentir sghignazzare. Quando ve n’era motivo, ed era sempre un motivo abietto, si udiva la sua caustica risata sovrastare lo schiamazzo della truppa. Non era mai una ragione futile a fargli mostrare i denti, ma qualcosa di ragionato e crudele, perché Drum, come tutte le persone perverse, era di ingegno appuntito. Occhi piccoli dietro spesse lenti, capelli corti quasi completamente bianchi, il suo volto era inconfondibile. Lo avrebbero riconosciuto, se fossero sopravvissute, le vittime delle razzie compiute dagli uomini del generale Augereau, suo superiore nell’armata repubblicana, razzie che portavano in calce la firma del sergente Drum. La crepa da cui la cattiveria gli era entrata nell’anima come una radice velenosa si era prodotta il giorno in cui Alfredo aveva scoperto la giovane moglie tra le braccia di Roland, il suo migliore amico. Da quella spaccatura ne era derivata un’altra che avrebbe segnato la sorte di Drum. Nell’ottobre del Novantacinque a Parigi, di fronte alla chiesa di San Rocco, egli si era mostrato particolarmente zelante nel dare il via al cannoneggiamento contro i realisti che si opponevano alla Convenzione. Dopo aver staccato la testa di Roland, che Alfredo Drum aveva notato tra la folla, la munizione del suo pezzo aveva tagliato in due la massa degli insorti, interpretando alla lettera gli ordini di Bonaparte e assicurando a lui una posizione di rispetto nell’armata del generale.
Il motivo che lo conduceva quel giorno verso San Giovanni era l’uccisione di un soldato francese per mano di sconosciuti. Bisognava far capire ai villici, sobillati da qualche fervente papista, che toccare l’Armée non era salutare, e questo era compito specifico di Drum. Il fatto era avvenuto nella campagna bolognese e l’ordine di rappresaglia non aveva alterato l’umore del sergente. Quel che gli aveva fatto emettere una delle sue sinistre risate era che la località prescelta per l’azione vendicativa distasse settanta leghe dal teatro dell’omicidio. Le ragioni del trasferimento della vendetta a tanta distanza erano due: anzitutto il generale Augereau sperava che a San Giovanni ci fossero più cose da razziare, poi lo spostamento della punizione avrebbe consentito di farla ricadere nell'area delle grandi paludi, che si era rivelata quanto mai ostile all’esercito di “liberazione” francese. Non sarebbe occorso molto tempo a uccidere qualche decina di civili, Drum lo sapeva bene, bastava mettersi all’opera in piena notte. Il suo reparto, che si era mosso al calar del sole, ora stava avvicinandosi allo sfortunato paese.
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