La bessabôva (la bisciabova)
Bessabôva, bèsa böa, bèsa bura o bissô, sono i nomi con i quali era conosciuto, in Romandìola, un serpentone lungo fino a dieci metri, che popolava le cronache locali, anche recenti. Era una biscia d'acqua dolce che viveva, di preferenza, sulle sponde dei fiumi, o s'arrotolata nel fondo dei pozzi; il suo aspetto era reso ancora più terribile da due corna che le ornavano la testa, cosicchè, le bastava rizzarsi e sibilare, per terrorizzare chiunque le si avvicinasse.
Era anche uno spauracchio per i bambini discoli, ai quali si diceva che, la bessabôva, li avrebbe inghiottiti e vomitati.
Il suo morso provocava tumefazioni, pare che da ciò, sia derivato il termine infantile "bua", per indicare un dolore o una piccola ferita.
In una föla, la bèsa bura, era però rappresentata come un'orchessa, che viveva nel sottosuolo e custodiva un tesoro, il quale veniva trovato da un bambino (gettato dalla matrigna nel pozzo) dopo un lungo viaggio nel sottosuolo.
Pare che possedesse anche il potere di dare origine al turbine ed alla tempesta e per esorcizzarla, si usava portare un suo fantoccio in processione.
L'ultima apparizione della bessabôva, pare sia avvenuta nel lughese, alla fine degli anni settanta. Come narrano le cronache locali, si trattava di un biscione di dieci metri di lunghezza.
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