IL REGOLATORE DELL'OROLOGIO

di
GIOVANNI ZANZANI



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20

Era stato un buon lavoro, il sergente Drum si sentiva soddisfatto. In sella a uno dei cavalli razziati, il miope Alfredo Drum si concesse finalmente un attimo di pausa e, ripassando mentalmente tutta l’operazione, accese la pipa. Merito suo se la sorpresa era riuscita. Non la voleva capire quel testone di Augereau che gli ordini di rappresaglia non andavano divulgati seguendo le gerarchie convenzionali. Così facendo, tutti conoscevano in anticipo le date e i luoghi prescelti per le spedizioni punitive, e quei furboni di italiani riuscivano sempre a farla franca. Quante volte i francesi avevano trovato i paesi deserti? Ce n’era voluta a convincere il generale a rinunciare agli ordini scritti, ma alla fine l’aveva vinta lui, Drum, e da quel giorno le rappresaglie gli venivano ordinate a voce da Augereau in persona, e a voce molto bassa. Anche il suo reparto aveva dovuto riformare. Via i deboli di stomaco, negli eserciti ce n’è sempre troppi, via gli spasimanti di qualche baldracca italiana, e qui la selezione era stata dura, via quelli che si vendevano di tutto (figuriamoci informazioni del genere), ecco la sua grande idea: la squadra. Pochi uomini fidati, bocche cucite e soprattutto parti uguali di bottino. Vero che in quel modo si finiva per essere considerati dei banditi, e questo faceva pronunciare parole di sdegno a Bonaparte, ma l’oro, i quadri e tutto il resto non erano mai dispiaciuti al generale comandante. Quanta di quella roba aveva spedito a Parigi per farsi grande agli occhi del Direttorio? Ogni giorno partiva qualche carro. Dunque poche storie, lasciassero Drum fare a modo suo che poi era un modo molto semplice: eliminazione di elementi antifrancesi, ricco saccheggio e nessun testimone. Anche in quella occasione le cose si erano svolte a meraviglia: i morti poco più di una cinquantina e nessun danno per i suoi. E che incasso! Il sergente Drum non se lo sarebbe aspettato un bottino così abbondante in un paesotto sperduto tra le paludi. Di nobili nemmeno l’ombra, per fortuna. C’era stato quel grassone che aveva gridato tanto. Possibile che una bestia simile avesse un titolo nobiliare? Soldi ne aveva, eccome.
-Philip!-
-Dica, sergente.-
-Era nobile quell’ippopotamo che gridava prima di essere infilzato?-
-Macché. Gridava proprio per quello. Diceva: non sono nobile, signori giacobini, così ci chiamava l’imbecille, non sono nobile. Io non capisco molto della loro parlata, ma Alphons che la capisce meglio di me, dice che voleva consegnarci la moglie. Lei è nobile, urlava. Prendete lei, tagliate la testa a lei, non a me, signori giacobini, non fate quest’errore!-
-E’ così, Philip? Era veramente nobile la donna?-
-Credo di si, sergente.-
-E nonostante questo l'avete uccisa?-
-Come tutti gli abitanti del villaggio, sergente Drum. Le regole delle spedizioni parlano chiaro, mai lasciare testimoni.-
-Maledizione! Stiamo più attenti! Sapete come diventa furioso il generale comandante quando si uccide un aristocratico. Però c’è qualcosa che non capisco: gli Olivieri, i conti, non dovevano avvertire la nobiltà di stare alla larga dal paese, questa notte?-
-Sergente, gli italiani sono molto complicati. Niente di più facile che siano stati motivi d’interesse a cucire la bocca agli Olivieri. Forse dovevano dei soldi al grassone. Che ne sappiamo?-
-Il prete era stato avvisato?-
-Come sempre, sergente. Naturalmente si è portato via tutto, la canonica era vuota. Vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa ci guadagniamo a salvare questi corbacci.-
-Sono gli ordini, Philip. Neanche a me i preti piacciono, ma tant’è. Piuttosto, hai controllato la chiesa? A volte in quelle piccole ci sono i quadri più preziosi.-
-Alla chiesa deve aver pensato il curato. Era completamente spoglia.-
-Ci rifaremo con la prossima, Philip. Qui le chiese non mancano.-

 

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