Le erbe stregate
Analogamente a quanto visto per la flora fatata, era diffusa la credenza che esistessero anche fiori, erbe e frutti stregati; i frutti cresciuti deformi (segnati), ad esempio, erano ritenuti tali, per questo il popolo evitava di cibarsene.
Una di queste erbe, era e' lòi (il loglio, o zizzania), la cui farina, si dice ubriachi; ridotto appunto a farina, con l'aggiunta di altre erbe e frutti ugualmente trattati (veccia, ghiande, legumi, paglia, radici varie e semi di ogni tipo), serviva a produrre il "pane alloiato" (altrimenti detto "pane stregato"), che provoca una specie di "trance", instupidimento e frenesia (anche così, il popolo dimenticava la fame, nei frequenti periodi di carestia).
Allo stesso scopo, venivano preparate, non solo pappe, beveroni e frittelle, ma anche pozioni e unguenti, che avevano per effetto, l'allucinazione, il sogno e l'oblio.
Le erbe maggiormente utilizzate, soprattutto per la preparazione di unguenti, erano: il sesamo, il seme di papavero, la canapa, l'artemisia, il coriandolo, la verbena, lo stramonio, l'aconito, il digitale, la belladonna, il solano e le foglie di pioppo. L'aconito e la belladonna, in particolare, pare fossero gli ingredienti utilizzati per preparare l'unguento necessario per consentire il volo alle streghe.
La stessa natura della strega, la obbligava a fare del male e, a volte, suo malgrado, a rischiare di farne anche alle persone vicine, a lei care; per questo, talvolta, sfogava la sua rabbia succhiando il fiore dolciastro e profumato del santunghni (tignamica).
Se si disturbavano i convegni delle streghe, si correva il rischio di essere "toccati" con l'uva che queste raccolgono nei boschi e che è particolarmente adatta per fare malefici, se raccolta nella notte di San Giovanni.
Un posto di particolare importanza ricopriva L'amanita muscaria, detta anche "ovulo malefico" (un fungo che cresce nei boschi di pini, abeti e betulle), nella cui pellicola del cappello, è concentrata una sostanza tossica idrosolubile, dalla quale è possibile estrarre una bevanda psicoattiva. Se ingerita, gli effetti cominciano dopo 15-20 minuti e durano per ore. Dapprima è soporifera e conduce ad uno stato di dormiveglia, che dura circa due ore e provoca visioni cromatiche. Al risveglio, il soggetto è in grado di eseguire esercizi fisici straordinari. Tale fungo è chiamato muscario, in quanto, le sostanze tossiche del cappello, fanno cadere le mosche al solo contatto. Per le sue qualità psicoattive, era utilizzato nei riti sciamanici delle popolazioni nel cui territorio era reperibile. Il cappello è di colore rosso scarlatto con verruche bianche che, in altre varietà di amanita, sono assenti. Alcuni vogliono vedere, nel berretto rosso dei folletti, il ricordo di questo fungo e delle sue proprietà, un tempo, ritenute magiche.
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